Incontro Stenello un caldo pomeriggio estivo, presso il ristorante che papà Arduino ha fondato nei primi anni '60 e del quale porta il nome, dando inizio a quello che poi sarebbe diventata, per Porto Pozzo, la principale risorsa dell'economia locale: il turismo.
All'epoca, e parliamo del
dopoguerra e per tutti gli anni '50, qui si viveva di pesca. La
costa, che si affaccia direttamente su La Maddalena
e sul suo arcipelago, qui disegna una particolare conformazione che,
oltre alla bellezza naturale grazie alla quale sarebbe poi diventata
una delle mete turistiche più note e frequentate della Gallura,
portava grande abbondanza di pesce.
Proprio per questo quell'area
marina è stata denominata la Peschiera e si colloca
esattamente alla base della collinetta nota come Coluccia, dove ora
sorge una delle più affascinanti strutture ricettive della zona.
Mi accoglie in modo molto cordiale, come si usa in tutta questa
isola, e mi accompagna in una stanza dove sono ammassati un'infinità
di foto incorniciate, per lo più in bianco e nero, che raccontano la
storia di papà Arduino e di Porto Pozzo.
La prima immagine che mi mostra riprende 3 figure, una delle
quali molto diversa dalle altre, soprattutto nell'abbigliamento e
nell'aspetto fisico, elegante nei capi chiari che indossa,
probabilmente di lino, alto ed asciutto, particolarmente sorridente.
Ed è proprio su questo che Stenello di sofferma
e attacca “questa è la storia della Gallura... vedi questo? è
il famoso Nicolò Donà delle Rose... qui
io avevo 13 anni, siamo negli anni '60/61...”.
Hai capito di chi stiamo parlando? Mi chiede. Vorrei rispondergli
di si, ma Stenello è un fiume di parole difficile da arginare.
Mi indica, nella foto a fianco, un'altra figura
con cappello e camicia chiara, tale zio Angelo,
chiamato l'eremita, che era proprietario di Coluccia.
Poi con il dito si sofferma solo un istante sul giovane a fianco
dell'eremita e mi dice “questo sono io”, nient'altro.
Ama parlare degli altri, di coloro che sono stati gli artefici di
questa intuizione che avrebbe cambiato le sorti di un'intera comunità
e dato prestigio a questo piccolo borgo di pescatori. “Quest'altro a fianco, invece, è Giovanni
Maria Sanna detto “Picciaredda”.
Mi racconta
che Nicolò Donà delle Rose si stava interessando a
quelle zone perchè la Costa Smeralda era lì che
doveva nascere, proprio perchè la posizione e il tratto di costa
rispondevano perfettamente alle idee che la famiglia nobile aveva in
mente.
Per cercare di ridurre al massimo i rischi, Nicolò Donà delle Rose incontrò questa gente presentandosi come meccanico, affermando che però suo papà qualche soldo lo aveva per comprare un pezzo di terreno.
“Guarda qui al polso che cosa porta, questo è un rolex... e
la sua macchina era una Porsche... era solito frequentare gente dello spettacolo, del mondo dell'alta finanza, le donne e gli uomini più famosi...
capisci?”, mi chiede di nuovo.
Insomma, venne svelato
abbastanza presto la sua vera identità, complice un biglietto da
visita che lasciò nelle mani sul quale “c'era tutto il
mondo... - dice Stenello - New York,
Parigi, Milano... insomma, tutto il mondo”.
Ricorda che zio
Angelo, detto l'eremita, al quale Nicolò
Donà delle Rose aveva messo in mano questo biglietto da
visita, lo chiama a sé con il cenno della mano e dice “se
chistu è meccanico, eu socu lu papa...”.
Spiega Stenello
che il conte aveva forse sottovalutato zio Angelo,
il quale tradiva nell'apparenza, ma in realtà aveva studiato
all'Azuni, da dove sono usciti due presidenti della Repubblica, non
era certo analfabeta come il conte poteva credere, tant'è che poi nasce, tra i due, una bella e sincera amicizia.
“Ma ci sarebbe tanto da scrivere, un libro un giorno avevo
pensato di fare...” dice Stenello.
Lo
esorto a parlarmi di papa Arduino e mi dice che dal
Lazio dove era nato, arriva a Cannigione nel '58, come tanti a quei
tempi, per l'abbondanza di pesci, soprattutto in quella zona.
L'anno
successivo si sposta a Porto Pozzo, dove poi lo
raggiunge l'intera famiglia.
La pesca era buona e redditizia, ma
Arduino guardava un po' più in là, nella direzione del futuro,
intuendo quelle che erano le naturali caratteristiche di quella zona,
fortemente votate al mercato del turismo.
Fu così che diede
inizio ai lavori di questa costruzione, agevolati dalla mancanza di
troppa burocrazia, di tanti permessi, precisa Stenello.
Al
'62 risale il primo documento che attesta l'esistenza del Ristorante
di Arduino, da subito meta di un'ampia clientela, perchè
papà Arduino era molto conosciuto per l'attività
precedente di pescatore e, giacchè anche il figlio Stenello
continuava quel mestiere che avrebbe mantenuto per sempre, non
mancava senz'altro sui tavoli del ristorante la materia prima, il
pesce, sempre freschissimo e cucinato in modo molto naturale e
genuino.
Il ristorante diventa poi albergo per dare ospitalità a
chi voleva fermarsi dopo aver mangiato.
Quella struttura
ricettiva ha dato sviluppo alla località, poiché consentiva di
sostare e quindi di vivere quella zona per più giorni.
Il
primissimo locale, l'unico che esisteva a Porto Pozzo prima di
Arduino, era la Trattoria da Brancaccio
– vuole precisare Stenello – fondata dalla
famiglia Mannoni (anch'essa determinante nella
storia della Gallura), che poi si trasferirà a Santa Teresa
Gallura per aprire quello che sarebbe diventato uno dei
ristoranti più famosi della Sardegna, Canne al Vento (ora
non più in attività).
Da qualche minuto il figlio di Stenello, al quale è stato dato il nome di nonno Arduino, sta dedicandosi alla preparazione dei tavoli, collaborato dalla sorella Giovanna, tra sala interna, ma soprattutto nella terrazza all'aperto, perchè tra poco inizieranno ad arrivare i primi clienti della serata che, vuole precisare Stenello “non sono clienti, sono amici, c'è un rapporto che ci lega a loro di anni e decenni... tanti di loro li abbiamo visti piccoli venire con i genitori, ora sono grandi e vengono con la loro famiglia... mi capisci?” ripete come in un intercalare, a chiudere la frase.
Stenello racconta poi della moglie Tonina che
entrerà subito in cucina appena sposati per diventarne l'anima, rimanendoci poi per sempre, quando la gestione passerà al cognato Moreno
dal '92 al 2000, ed in seguito ai figli Arduino
e Giovanna.
Sarà proprio con il loro avvento che il
locale assumerà il nome definitivo di Ristorante
Il Corallo da Arduino.
Il giovane Arduino
chiede a papà Stenello di mostrarmi un piccolo
quadretto appeso alla parete “fallo vedere a Roberto –
gli dice – quello ce l'ha portato l'ex questore di Sassari che da
bambino veniva qui con i suoi genitori... l'ha trovata sistemando
vecchi documenti in casa e ce l'ha portata”.
Stavolta non
mi chiede se ho capito, forse perchè lo interrompo un attimo prima
per chiedergli di avvicinarmela. Si tratta di una ricevuta di 4900
lire senza data, probabilmente risalente a circa 40anni fa, negli
anni '70, con portate scritte a mano “perchè una volta si
faceva così – dice Stenello – ed era
mamma che faceva il conto, sedendosi al tavolo con i
clienti...”.
Sulla ricevuta si specifica un piatto di cozze
e arselle a 1050 lire, una zuppa di pesce a 500 lire, triglie a 1650
lire, vino a 200 lire, una birra a 180 lire poi coperto e
qualcos'altro.
Poi mi mostra una foto del nipote campione italiano di body
building che assomiglia molto al nonno Arduino, mi dice, poi un
quadro dove un artista tedesco, amico dei famiglia, riprende il papà
Arduino in un momento di contrasto con una persona con la quale si
era scatenata una diattriba non meglio chiarita. Penso all'artista
tedesco e mi dico che deve essere stato un po' particolare se ha
scelto un momento di quel tipo per ritrarre una persona e regalargli
poi la tela.
Ma tratti di originalità e di stranezza fanno
sempre parte dei racconti che fissano tempi lontani.
Mi parla di
De Andrè che era frequente vedere seduto a quei
tavoli per poi diventere anche compagno di pesca.
Lascio Stenello mentre il
figlio Arduino sta accogliendo gli ospiti con
strette di mano ed abbracci, a testimonianza del rapporto di amicizia
e di familiarità.
La terrazza si sta piano piano riempiendo, i
profumi che escono dalla cucina sono quelli del pesce fresco, la
pizza che mi passa accanto ha l'aria di essere buona e croccante,
l'ora che è sopraggiunta è quella della cena. Anche per me.
Ringrazio Stenello con una solida stretta di
mano, mentre ad Arduino e Giovanna lancio un
saluto più fugace poiché li vedo impegnati ad accogliere i clienti
amici.
Lascio alle spalle una piacevole chiacchierata e mi
allontano, portando con me un'altra bella storia di Gallura.
©
Roberto Rossi